Magliano Sabina (Ri): il cuore operoso della Sabina tiberina

 

Magliano, sul confine tra Lazio e Umbria, è la porta di ingresso della Sabina ed è situata su una collina che si erge sopra la valle dove scorre il Tevere e passa l’autostrada del Sole e la via Flaminia.

Terra di olio extravergine di oliva dop, vino doc e gastronomia è – grazie a agriturismi, alberghi, ristoranti e aziende agricole – un paradiso nel verde delle colline per chi cerca buona tavola, prodotti tradizionali, rispetto dell’ambiente, curiosità, arte e cultura nel cuore di un’Italia nascosta.

Magliano nasce come presidio di una zona di secolare scambio e passaggio. Qualche chilometro a nord del Borgo, sul Tevere, i romani avevano costruito il “Porto dell’Olio” da cui partivano le imbarcazioni che rifornivano l’Urbe del prezioso olio della Sabina e della vicina Umbria.

Durante il periodo medievale il guado sul Tevere posto a valle dell’abitato, era l’unica modalità per attraversare il fiume e proseguire sull’antica via Flaminia, verso Roma o, in senso contrario, verso le Marche. Grazie a questo obbligo naturale nel corso del1200 si fermarono a Magliano l’Imperatore Federico Barbarossa e Papa Adriano IV. Nel 1464 il Borgo di Magliano ospitò Papa Pio II, mentre nel 1495 Papa Alessandro VI attribuì al Borgo il titolo di città e vi trasferì da Vescovio (Ri) la sede della Cattedrale e della Diocesi Suburbicaria di Sabina. La ragione di questo trasferimento non fu religiosa ma politica, a Papa Borgia la benevolenza degli abitanti di Magliano, che controllavano l’unico guado sul Tevere, era troppo necessaria per poter ottenere via libera agli eserciti di Cesare Borgia che andavano e venivano lungo la Flaminia impegnati nella conquista delle Romagne.

Anche oggi Magliano Sabina accoglie i visitatori con estrema cordialità. La centralissima Piazza Garibaldi è un perfetto punto di partenza per scoprire le bellezze del luogo. Qui, infatti, il visitatore è accolto dal Palazzo Vannicelli, oggi sede comunale, dalla Torre Civica annessa al Palazzo Vescovile e da questo cuore medievale si parte per scoprire i tesori culturali di Magliano: la chiesa romanica di San Pietro, la Chiesa della Madonna delle Grazie con la sua cripta protoromanica, la Cattedrale dei Sabini e il Museo civico archeologico, che conserva uno dei primi esempi di scrittura dei Sabini, popolo protagonista delle origini leggendarie di Roma.

Passeggiando per il Borgo

Passeggiando per il Borgo, lasciamoci incuriosire dalle tre chiese principali che raccontano, a modo loro, la storia travagliata di questa zona di passaggio, storico, culturale e religioso.

Iniziamo visitando la “Cattedrale dei Sabini dedicata a San Liberatore e dalla storia lunga e travagliata. Nata come chiesa madre del piccolo Borgo di Magliano nel settembre 1495 papa Alessandro VI Borgia, per ragioni squisitamente politiche, la elevò alla dignità di cattedrale della diocesi dei Sabini, trasferendone la sede da Vescovio (oggi frazione di Torri in Sabina) a Magliano. Questo trasferimento scatenò la gioia degli abitanti di Magliano ma parallelamente la rabbia degli altri abitanti della Sabina e, morto papa Borgia, il titolo di Cattedrale, fu conteso più volte fra Vescovio e Magliano, fino a che lo spopolamento dell’area di Vescovio non indusse al trasferimento definitivo della cattedrale a Magliano. Ai nostri occhi moderni queste lotte per ospitare una Cattedrale possono sembrare eccessive, ma in epoca medievale e rinascimentale ospitare un vescovo e la sua “Cattedra” era un modo per elevarsi da semplice borgo a città e creare sviluppo economico grazie a quello che oggi chiameremmo l’indotto (mercati, pellegrini, fiere, ecc).

Anche la dedicazione a San Liberatore ha una storia altrettando travagliata. In epoca rinascimentale, nel 1582, le reliquie del santo patrono di Magliano, San Liberatore, furono rubate. Perdere le reliquie per una chiesa significava all’epoca perdere lo “status” di Cattedrale e quindi gli abitanti di Magliano cercarono un sostituto e lo trovarono in San Liberato, Santo Abate agostiniano, morto e venerato a Montefiascone, nella vicina Tuscia. Anche in questo caso si scatenò la guerra fra la fazione pro vecchio Patrono (San Liberatore) e quella favorevole al nuovo Patrono (S. Liberato), diatriba che terminò solo nei primi decenni del 1700 quando il Papa fece giungere a Magliano le reliquie di un altro San Liberatore, omonimo dell’antico patrono, e si ristabilì la dedicazione originaria della Cattedrale. Questa vicenda per noi più adatta ad un libro di Dan Brown, ha lasciato tracce visibili anche nella chiesa, dove i visitatori più attenti potranno osservare sia i ritocchi nella scritta di dedicazione dell’altare che nella statua del Santo patrono per trasformarlo da Liberato a Liberatore.

Lotte religiose a parte, la chiesa di San Liberatore è ricca di tavole dipinte, tra le quali spicca quella del Santissimo Salvatore, detta “Pala Falconi”, per lo stemma della famiglia che lo ordinò, e quella di Rinaldo Jacovetti da Calvi dell’Umbria che rappresenta l’ Incoronazione della Vergine’ con una predella che racconta il Miracolo della Madonna di Uliano, che ricorda la resurrezione miracolosa, nel duecento, del figlio di un signorotto locale Giuliano Uliani .

A poche centinaia di metri dal duomo, troviamo la chiesa intitolata a San Pietro che è un mirabile esempio di architettura romanica risalente al XII sec. La facciata, semplice ed elegante, è abbellita di archetti ciechi su colonnine a sbalzo ed è adorna di un finestrino semicircolare sovrastante il portale. L’interno è diviso in tre navate da dieci colonne di provenienza ignota, ma probabilmente, come si usava in epoca medievale, recuperate da insediamenti romani precedenti, e sormontate da capitelli di stile diverso. La chiesa oggi ci appare nuda e semplice, nella sua bellezza, ma anticamente era decorata da affreschi, distaccati nel corso degli anni per restauro e mai più restituiti alla comunità maglianese.

Usciti dalla Chiesa di San Pietro e percorsi alcuni vicoli medievali del Borgo, visitiamo il Santuario della Madonna delle Grazie, nel quale viene custodita una sacra rappresentazione su tavola della Madonna della Misericordia del Quattrocento, di probabile scuola umbro-marchigiana. Dal transetto si può accedere alla cripta protoromantica, un gioiellino unico, che conserva intatto il suo fascino architettonico, e un affresco dedicato al miracolo del latte di San Francesco, avvenuto a Magliano, e i graffiti di Federico d’Aragona, Re di Napoli, di passaggio nella città nel 1447.

 

 

Completiamo la visita di questo incantevole borgo sabino visitando il Museo Civico Archeologico, situato nel Palazzo Gori. In esso sono esposti reperti che vanno dalle selci lavorate di epoca preistorica, alle ceramiche rinascimentali. Il Museo è stato realizzato nel 1989 ed è distribuito su tre piani e i reperti sono esposti secondo l’area di provenienza e presentati in successione cronologica.

Come abbiamo visto Magliano ha avuto un passato fatto di alterne vicende economiche e militari, ma proprio questo tribolato passato, fatto di grandi e piccoli cambiamenti ha creato negli abitanti un grande senso di Comunità e di attenzione al territorio.

 

Il progetto “Magliano in Rete” (Adv)

Dal 2018 nel territorio comunale è stata realizzata una efficace Rete di Imprese, chiamata “Magliano in Rete“, il cui obiettivo fondamentale è sviluppare la conoscenza e la valorizzazione di questo specifico territorio attraverso le sinergie e la collaborazione di tutte le aziende aderenti. Fare squadra è un modo intelligente per ampliare i propri orizzonti, anche commerciali e di accoglienza turistica. Di questa Rete virtuosa a servizio dei turisti, dei cittadini e dei visitatori di Magliano fanno parte circa 50 aziende del territorio, di quasi tutti i settori produttivi, dall’accoglienza, all’artigianato, dall’enogastronomia alla fotografia.

Tra le diverse realtà ve ne segnaliamo tre che potrebbero ben completare la vostra visita a Magliano e l’itinerario che vi abbiamo proposto.

L’EcOstello di Magliano sabina, struttura di accoglienza totalmente ecosostenibile, può rappresentare un ottimo punto di partenza per visitare il territorio e scoprire le tante particolarità ambientali, artistiche e culturali di quasta parte della valle del Tevere. Dotato di 13 camere offre anche spazi comuni per eventi culturali, corsi di cucina, meeting ed eventi di informazione ambientale

L’Agriturismo Borgodoro, sorge proprio in cima ad una collina circondata da vigneti e oliveti che conferiscono al paesaggio un colore ed una dolcezza quasi unici.

L’Agriturismo nasce nel 1987 quando Patrizia Luzi, dopo una carriera di ballerina classica, di acquistare nuovi terreni e convertire l’antico casale di famiglia e i terreni circostanti in azienda agricola.
Il progetto è volto a valorizzare la naturale bellezza del luogo, dando al contempo avvio alle coltivazioni preferendo le colture tipiche del territorio sabino. Nel corso del tempo affinano la produzione del vino e dell’olio, ottenuto dalle cultivar Frantoio, Leccino e Moraiolo, raccolte a mano e spremute a freddo.

Nel 2008 parte il progetto ospitalità e nasce l’ Osteria Borgodoro, dove opera tutta la famiglia: Patrizia prepara antipasti e contorni, Giancarlo, il marito, si occupa delle cotture alla brace e del forno a legna, Elisabetta cucina primi piatti e pietanze, Germana cura la preparazione dei dolci e consiglia gli abbinamenti di vini e liquori.

Nel 2015 l’azienda inizia a produrre anche una sua linea di prodotti: pasta, passate di pomodoro, confetture e marmellate di frutta che vengono realizzate senza uso di conservanti, addensanti, additivi o coloranti.

Tutti gli appassionati di curiosità Gourmet consigliamo una sosta al Caseificio Le Perle degli Angeli, unica azienda produttiva di mozzarelle e formaggi di Bufala della Sabina e del nord del Lazio. Nata nel 2003, l’Azienda conta oggi più di 50 bufale, e produce mozzarella, treccia, ricotta, primosale, caciotta, scamorza, provola fresca e stagionata, yogurt e tanti altre golosità. Dal 2017 l’Azienda ha potenziato anche le altre coltivazioni tradizionali, come vigna, oliveto e foraggio utilizzato per alimentare le bufale, iniziando la coltivazione di grano duro biologico Senatore Cappelli per la produzione di pasta fresca.

 

 

 

 

 

 

Voi cosa ne pensate?