Roma: Favole e storie del Museo delle Carrozze

“Quante carrozze pe Strada Papale!

Chi è cquesto che jje porteno l’ombrello, co ddu’ fiocchi appoggiato a un ancinello?„

“È un papastro„. “E ssarebbe?„ “Un cardinale„.

“Dite, e cquel’antro in carrozzino?„ “Quale?„“Là, ccor fagotto pavonazzo.. .„

“Ah, cquello è un prelato che ttorna dar mascello„. “E cch’edè sto mascello?„ “Er tribbunale„.

“Cqua in timonella chi cce va?„ “Un dottore„. “E in sta nvece un préncipe?„ “No, un prete„.

“E llí a cquattro cavalli?„ “Un fornitore„.

(Giuseppe G. Belli – Sonetti – 1837)

 

 

Le nostre favole, le nostre storie, la nostra cultura, i nostri proverbi, i nostri film sono popolati di carrozze, cocchi, carri western, bighe, lettighe. Quale lettrice non ha mai sognato di scendere almeno una volta dalla Carrozza di Cenerentola e quale Giroviaggiatore non ha desiderato andare alla scoperta del west sopra uno dei mitici carri dei pionieri americani?

Credo che lo abbiamo fatto tutti, a volte da bambini, a volte da adulti ed è per questo che oggi il nostro Blog vi porta a conoscere un luogo segreto e, al tempo stesso, magico di Roma: Il Museo delle Carrozze D’Epoca, uno straordinario museo di 3000 metri quadri dove sono esposti 159 esemplari d’epoca, appartenenti ad una collezione unica di circa 600 carrozze che coprono un arco di tempo che va dall’antichità romana alle carrozze borghesi della Bella Epoque.

Perchè la storia della carrozza è molto antica e si perde nei secoli. Volendo saltare, per ragioni di spazio, la storia dei carri, che è antica quasi quanto la civiltà umana, il primo prototipo di carrozza per solo uso di persone e non di merci, venne progettato e realizzato nel 1300 per le nozze di Galeazzo I Visconti, Signore di Milano, e di Beatrice d’Este.

Da quel momento l’utilizzo della carrozza si diffuse ma restò appannaggio delle sole famiglie nobili. Si trattava infatti di mezzi molto scomodi, totalmente privi di sospensioni con un’unica cassa appoggiata sull’asse delle ruote. Vi lascio immaginare la “comodità” delle strade medievali e quindi per ancora un secolo alle carrozze furono preferiti i soli cavalli, magari accompagnati da uno o più carri tradizionali per i bagagli.

Le cose migliorarono quando un secolo dopo dall’Ungheria si diffuse un modello innovativo che prevedeva, finalmente, la sacca sospesa all’asse tramite cinghie e catene; questo modello prese la denominazione di cocchio, dal nome della località ungherese di Kocs in cui nacque.

Nel Cinquecento si sperimentarono i primi sistemi di sospensione a molle che migliorarono ma non eliminarono totalmente la scomodità del mezzo, specialmente nei viaggi di medio lungo percorso. Per questo motivo la carrozza si diffuse lentamente in Europa, tanto che nel 1500 a Parigi se ne contavano soltanto tre esemplari, mentre in Inghilterra questo veicolo risultava ancora sconosciuto.

Nel Seicento la carrozza non è più un solo mezzo di trasporto ma diventa uno strumento di ostentazione di ricchezza e potere fra le diverse famiglie nobili italiane ed europee. Famosa, ad esempio, la carrozza di gala realizzata per le nozze di Odoardo I Farnese, Duca di Parma, che pesava ben sette quintali ed era capace di ospitare a bordo fino ad otto passeggeri. Questa mania di ostentare carrozze sempre più ricche e impreziosite da bellezze artistiche costrinse le amministrazioni di alcune città e lo stesso Papa, a introdurre un’ordinanza che limitasse l’impiego di ornamenti.

La prima carrozza dell’epoca moderna con abitacolo chiuso da sportelli dotati di vetri nacque a Berlino nel 1670, su invenzione dell’architetto piemontese Filippo Di Chiese, che per assonanza con la città tedesca fu chiamato “Berlina“.

Da allora, l’utilizzo della carrozza vide il suo apice divenendo il nuovo simbolo borghese con una diffusione capillare in tutta Europa e nel nuovo mondo in svariate versioni. Sempre alla fine del Seicento, in Italia, Milano conquistò il primato della sua diffusione con oltre 1.600 berline circolanti, costringendo le autorità a formulare i primi regolamenti stradali.

Nel 1662 in Francia apparve per la prima volta l’omnibus il bis bis nonno dei moderni autobus. Trainato da una o due coppie di cavalli, esso consentiva il trasporto di circa una decina di persone grazie ad una carrozza più lunga e dotata di sedili interni rivolti verso il senso di marcia. Il suo successo, data la generale povertà dei possibili utenti, non fu immediato e tornò alla ribalta a Parigi soltanto nel 1826 quando, grazie alle mutate condizioni sociali, divenne il principale modello di riferimento per i trasporti pubblici. In Italia nel 1835 fu inaugurato il primo servizio di omnibus che collegava Torino e Rivoli, mentre a Roma una prima linea di omnibus fu aperta nel 1845, con un tragitto che collegava piazza Venezia alla Basilica di San Paolo.

Pian piano alla berlina chiusa con funzione di rappresentanza, si affiancarono altri modelli: il coupé anch’esso chiuso ma a soli due posti, il calesse aperto per la bella stagione, il landau, dotato di capote o il più lussuoso phaeton, paragonabili alle odierne vetture cabriolet e varie altre versioni. Sulle carrozze vennero per prime sperimentate e utilizzate le tecnologie che oggi ritroviamo sulle auto, quali le sospensioni a balestra per migliorare il comfort di marcia dei passeggeri e buona parte dei nomi oggi utilizzati per definire vari tipi di carrozzeria hanno preso nome dalle loro progenitrici a cavallo (Berlina, Coupè, Spider, Cabrio, ecc).

Durante la visita al Museo delle Carrozze d’Epoca potrete ripercorrere, attraverso i vari modelli, tutta questa affascinante storia.

Dalle bighe protagoniste dei film “Ben Hur” e “Il Gladiatore”, alle maestose Berline, tra le quali spicca la Berlina per bambini appartenuta alla principessa Sissi.

Il Landau, con capote, utilizzato dall’allora vescovo Karol Wojtyla per andare a sciare a Zakopane, in Polonia, slitte, diligenze, risciò cinesi, carrozze orientali.

Un originale carro napoleonico con cannone apparso poi del film “Il Barone di Munchausen“, la carrozzella appartenuta all’attrice Anna Magnani, carri della I Guerra Mondiale.

Carri agricoli italiani finemente decorati, il carro dei pompieri, il carro irlandese del film “Un Uomo Tranquillo” con protagonista John Wayne, simbolo delle avventure nel West, Omnibus, Coupé, carrozze di servizio d’ogni tipologia.

Regine incontrastate della mobilità ottocentesca, persero importanza nel novecento a favore delle automobili ma ancora rimangono in molte città come attrazione turistica nei parchi o nei centri storici. Anche Roma ne può vantare ancora qualcuna, ma la loro epoca d’oro turistica è terminata con la dolce vita, quando la foto sulla “botticella” (termine romano per indicare le carrozze scoperte di servizio pubblico) era un “must” turistico, secondo solo alla classica foto con monetina a Fontana di Trevi.

 

Oggi la carrozza può sembrare, un curioso avanzo dell’antichità.
Tutti voglion correre e volare, amano soltanto la velocità.
Se però tu sei con la tua bella, sul tassì di certo non la porterai,
però sopra ad una carrozzella, col tuo dolce amore a passeggio andrai.
Come è delizioso andar sulla carrozzella,
e sulla carrozzella sotto braccio alla tua bella.
(Canzone di Odoardo SpataroSulla Carrozzella” – 1939 )

PER INFORMAZIONI PER VISITARE IL MUSEO DELLE CARROZZE D’EPOCA

– VIA ANDREA MILLEVOI 693 – ROMA

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