Washoku: colori e tradizioni della cucina giapponese

Washoku: colori e tradizioni della cucina giapponese

Scopriamo insieme alla nostra inviata speciale Marta Kun, la colorata vita alimentare dei giapponesi, grazie ad una originale mostra allestita a Roma, fino al 31 luglio, presso l’Istituto Giapponese di Cultura.

 

Il Giappone e le sue tradizioni hanno sempre avuto un forte fascino per noi italiani, come dimostrato dal successo sempre crescente di eventi, fumetti, cartoni e ristoranti che hanno le loro radici culturali e gastronomiche nel Sol levante.

Non fa eccezione la mostra realizzata dall’Istituto Giapponese di Cultura a Roma dedicata al WASHOKU, la cultura alimentare tradizionale giapponese, che potrete visitare fino al prossimo 31 luglio 2024.

Come tutti sappiamo il Giappone è uno stato insulare, composto di isole, circondato dal mare e attraversato da una lunga dorsale montuosa; le zone in altitudine occupano il 75% del suolo nazionale. Data la posizione in zona temperata, le quattro stagioni giapponesi sono delineate e nette, le precipitazioni medie annue si attestano sui 1800 mm, particolarmente abbondanti e, grazie a loro, il territorio giapponese non soffre la siccità. Data anche la montuosità, i venti stagionali e le correnti marine anche il clima si presenta molto variegato. Ad esempio, nell’estremo Nord, nella regione del Tohoku, gli inverni sono molto rigidi, con assenza di stagione delle piogge mentre nel sud, ad Okinawa, ci si trova nella fascia subtropicale con clima caldo tutto l’anno, piogge frequenti e assenza di gelate e neve.

Sullo sfondo di tale variegato ambiente e di mare, monti e paesi declinati nelle quattro stagioni, le conoscenze e la manualità giapponesi si sono affinate nel tempo e la cultura alimentare si è sviluppata con numerose varianti regionali. Come per la dieta mediterranea italiana, la cultura alimentare tradizionale del Giappone ha tra i suoi cardini i sapori di tipo “emozionale”: il sapore di casa, di mamma, della nonna, del paese natale, o della regione di cui è tipico.

Culturalmente i giapponesi nutrono profondo rispetto per la natura così prodiga di doni, ponendo in relazione il cibo al culto degli antenati e delle divinità, e dando un significato profondo al legame con la terra e la famiglia.

Non stupisce quindi che la tradizione gastronomica WASHOKU sia oltre che salutare, anche molto apprezzata e copiata, proprio perchè riflette il cuore di questo popolo, la sua vera essenza , fatta di armonia, coerenza, fedeltà ai propri costumi, rispetto delle tradizioni, amore per la propria terra.

Amore riconosciuto anche dall’Unesco che nel 2013 ha inserito questa cucina tradizionale nella lista del Patrimonio culturale immateriale mondiale.

La filosofia tradizionale della cucina Washoku

La cucina Washoku, deriva dall’unione del termine Wa, che significa giapponese o armonia, e Shoku, cibo.

Si basa essenzialmente su ingredienti sempre freschi e di stagione e sull’armonia dei colori e dei sapori, magicamente espressa nei piatti anche nei più semplici, perché a volte è proprio nella semplicità che si nasconde il segreto della grandezza.

I principi su cui si fonda la cucina Washoku sono la poca presenza di cibo grasso o comunque il poco consumo di fritti, il grande utilizzo di verdure e legumi, cibi fermentati come il “Natto”, fagioli di soia fermentati ricchi di vitamina k, così come l’abbondanza di zuppe e la centralità che viene data al riso.

Inoltre viene consumato prevalentemente il pesce, rispetto alla carne, così come il tè rispetto ad altre bevande eccitanti. Soprattutto, viene data molta importanza al bilanciamento dei piatti.

In Giappone fin da piccoli, nelle scuole vengono spiegati i così detti kaiteki, ossia i lavori legati alla casa, alle pulizie, alla comunità e anche le informazioni nutrizionali degli ingredienti relative ai cibi, dove i ragazzi apprendono nozioni su una dieta bilanciata e sui differenti ingredienti da abbinare.

I giapponesi vedono nel mangiare una forma di scambio con la natura e gratitudine per i suoi doni. Ecco anche perché all’ inizio ed alla fine di ogni pasto , accostano le mani giunte in preghiera, ringraziando con le parole “ittadakimasu” all’inizio e “gochisousamadeshita alla fine, un buon appetito che è più un ringraziamento per le vite, la passione e il lavoro che sono stati coinvolti in quel pasto.

I piatti diventano connessione ma anche espressione della natura e delle stagioni , ecco anche perché a differenza della nostra cultura, dove i piatti seguono uno schema di colori e forme preciso, in questo paese si utilizzano piatti di diversa fattura, con differenti materiali e grandezze, dal legno alla ceramica.

Il menù tradizionale Washoku

Il menù tradizionale della gastronomia Washoku prevede, nella sua composizione classica:

Gohan (ご飯): una ciotola di riso

Shusai (主菜): il piatto principale che può essere carne, pesce e uova

Fukusai (副菜): contorno di verdure, patate…

Fukufukusai (副々菜): un ulteriore contorno

Shiru (汁): una ciotola con il brodo o la zuppa di miso

Il Riso è il Re della tavola

Il Riso, alimento noto per essere amato e consumato in grande quantità da questo popolo, viene coltivato fin dal periodo Jomon, circa 2500 a.c. , per poi diffondersi rapidamente, grazie anche al clima dell’isola perfettamente compatibile con la sua produzione.

Ne esistono diversi tipi, ma soprattutto utilizzi, dal famosissimo sushi e onigiri, al buonissimo Sakè, bevanda tipica giapponese , che nasce proprio dal riso fermentato.

Nella cucina washoku il riso è davvero l’elemento centrale, attorno a cui ruotano tutti gli altri: un piatto di portata, spesso il pesce, uno o due piccoli contorni , seguendo la scelta di prendere sempre qualcosa dalla montagna, qualcosa dal mare.

Nella cultura tradizionale, il Riso in Giappone non è solo un alimento ma, similmente al sale da noi, è stato per parecchi secoli una forma di moneta di scambio per calcolare ad esempio, il valore di un terreno. Inoltre un attento culto delle divinità della risaia garantiva tradizionalmente la protezione delle messi e del terreno contro le numerose potenziali minacce delle natura, dai tifoni ai parassiti. Similmente al nostro vischio, anche in Giappone per capodanno si usano coccarde di spighe di riso come simbolo ed augurio di fortuna.

Le Zuppe

Il Giappone è un paese ricco di acqua, con precipitazioni abbondanti ed un’acqua molto “morbida e leggera”, quindi non c’è da stupirsi se, fin dai primi secoli, le zuppe siano diventate una delle portate principali della cucina giapponese.

Il segreto delle zuppe risiede nell’Umami, definito ormai come il quinto sapore. Identificato nel 1908 dal professor Kikunae Ikeda come un gusto fondamentale. In lingua giapponese significa “saporito” e indica per la precisione, il sapore del glutammato, che è particolarmente presente in cibi come la carne, il formaggio ed altri alimenti ricchi di proteine.

Le combinazioni di ingredienti possibili per le zuppe sono innumerevoli, basandosi sempre su ingredienti di stagione, dalle erbe ai frutti di mare. La base della ricetta consiste in un alga chiamata Kombu, scaglie di tonnetto essiccato, il katsuobushi, piccole sardine bollite ed essiccate , funghi shitake per poi aggiungere a piacere, tanto altro.

Pesce e Verdure

Essendo un isola, il pesce abbonda nei mari come nei piatti in specie e diversità. Inoltre nelle acque costiere di molte località confluiscono le acque pure di monti e foreste, dando vita all’ambiente ideale per le colture di crostacei di ogni genere, dai granchi alle capesante, ma soprattutto ad alghe di ogni tipo , che rappresentano un elemento distintivo e usato in abbondanza in molte ricette.

L’influenza della filosofia Buddista ha condizionato molto le regole anche della tavola e dei cibi consumati, prediligendo una dieta senza carne, almeno fino al periodo Edo (1603-1868) e portando il Giappone a consumare in prevalenza verdure, legumi e il pesce, che per molti anni ha simboleggiato la principale fonte di proteine.

Nella mostra si possono trovare tanti piatti legati alle festività, i matsuri, o riproduzioni di piatti augurali, come l’orata tai, o il pesce palla fugu.

Nel percorso espositivo troverete anche la riproduzione fedele di diversi momenti e scene di vita legati alla produzione alimentare, come scene di pesca, modelli di mercato (mochitsuki) o la casa del tè.

I Dolci

I dolci sono tanto importanti da meritare un capitolo a parte. I pasticceri giapponesi sono, infatti, dei veri e propri artisti che armati di coltelli e mestoli, anziché pennelli, riescono a creare delle autentiche opere d’arte.

Ci sono dolci che riflettono il cambiamento delle stagioni, ad esempio quelli ispirati alla primavera richiamano i fiori, quelli estivi la brezza e il richiamo del mare, quelli autunnali includono motivi legati al fogliame e le creazioni invernali hanno spesso decorazioni legate all’anno nuovo.

I wagashi assumono grande rilievo nella cerimonia del tè, ma sono da sempre fedeli compagni di cerimonie, funerali, offerte , ed eventi cruciali della vita. Perchè questa cucina vuole celebrare la Bellezza di ogni stagione , degli eventi della vita e dell’anno e spesso, le sue origini si intrecciano con la spiritualità .

Tradizione gastronomica che diventa unica nel modo in cui associano, ad esempio, gli dei agli eventi culinari, come per il lancio dei fagioli di soia nel giorno del Setsubun (3 febbraio), in cui si scacciano metaforicamente i demoni e le avversità e si augura la fortuna ad amici, familiari e conoscenti. O nella realizzazione dei sakuramochi, dolci a forma di fiore di ciliegio durante l’Hanami, o i kusamochi realizzati per la festa delle bambine il 3 marzo di ogni anno.

Dalla tavola alla vita

Insomma, il cibo accompagna non solo la tavola, ma scandisce i momenti della vita, valorizzandoli, rivestendo un ruolo fondamentale nel quotidiano , nell’ordinario che diventa in qualche modo straordinario.

Nell’esposizione, che potrete visitare entro il 31 luglio, sono stati accostati molti utensili quotidiani legati al cibo, come il masu, contenitore quadrangolare in legno utilizzato come strumento di misura di riso e oggi utilizzato per il sakè od ornamenti tipici utilizzati durante le festività, così care ai giapponesi, come lo shimenawa, decorazione di fune di paglia intrecciata o ancora il tawara, contenitore di paglia.

Una cosa che mi ha sempre colpito dei giapponesi è proprio il loro festeggiare anche i piccoli avvenimenti, i piccoli traguardi, così come onorare e celebrare i riti e le feste , tenere vive quelle tradizioni che si tramandano da generazioni, esaltando un passato che resta presente.

Forse il motivo per il quale subiamo fortemente il fascino di questa cultura, consiste proprio nel fatto che , per quanto sempre più in fretta possa scorrere la vita, per quanto ci affanniamo dietro gli impegni quotidiani, abbiamo bisogno di riposarci, sostare per un attimo, fermare quasi il tempo, assaporando non soltanto un cibo, ma ciò che esso ci richiama.

E’ attraverso i sapori , gli odori, i colori, i ricordi spesso legati, anche per noi, a cibi ed oggetti che ritroviamo quella serenità di cui abbiamo sempre più bisogno e che spesso dimentichiamo. Un tornare a casa, a noi stessi.

E allora, Ittadakimasu! e, similmente ai giapponese lasciamo spazio nel nostro cuore alla gratitudine per il cibo e per gli insegnamenti delle vicende della nostra vita.

 

Marta Kun

 

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