Farfa (Ri): L’Abbazia nata da un sogno

 

San Tommaso
di Morienna

Era una sera particolarmente silenziosa e piena di stelle a Gerusalemme. Una di quelle serate che solo le magiche notti medio orientali riescono a donarti e Tommaso, monaco partito mesi prima dalla lontana Savoia, sta pregando davanti al Santo Sepolcro. Improvvisamente nel silenzio della notte gli appare la Vergine Maria che gli chiede di lasciare Gerusalemme e tornare in Italia, in Sabina, per ricostruire una Basilica a Lei dedicata. Avrebbe riconosciuto il luogo dalla presenza di tre alti cipressi. Tommaso obbedì alla Vergine, viaggiò dalla Terra Santa fino in Sabina, trovò i ruderi della basilica ed i cipressi indicati dalla Madonna ed insieme ad un gruppo di monaci ricostruì la comunità monastica che da quel lontano VII secolo, ancora popola ed anima l’Abbazia di Farfa.

Storia, leggenda, sogno o realtà sta di fatto che a lui, San Tommaso di Morianna, si deve la seconda fondazione dell’Abbazia di Farfa.

San Lorenzo il Siro

La prima era opera di un altro Santo, di origine Siriana, Lorenzo, evangelizzatore nel V secolo, di questa parte della Sabina. Ma quella prima Abbazia era andata distrutta ad opera dei Longobardi del vicino Ducato di Spoleto che avevano poi dato vita al vicino Borgo di Fara, nome di origine longobarda che identificava un gruppo omogeneo di famiglie (tipo i Clan scozzesi) a cui era affidata la difesa e la colonizzazione di un nuovo territorio occupato.

Grazie alla protezione della Vergine o al più prosaico ruolo di mediatori che gli Abbati di Farfa seppero ritagliarsi nelle lotte medievali far papato ed Impero, l’Abbazia vide crescere le proprie ricchezze ed il proprio territorio, tanto da contare all’inizio del 1300, la proprietà di 683 chiese, due città (Civitavecchia ed Alatri), 132 castelli, 7 porti con una nave di proprietà esente da imposte, 14 villaggi, 82 mulini e ben 315 Borghi….

Ancora oggi i tre cipressi, tanto utili a San Tommaso, sono il segno distintivo dell’Abbazia di Farfa e accolgono anche i tanti turisti che, come noi, vengono in visita alla bellissima Abbazia ed al suo Borgo.

Salutiamo i cipressi, superiamo il bel portale romanico ed entriamo prima nel cortile e poi nella chiesa dell’Abbazia dedicata alla Vergine Maria. L’interno della chiesa è a tre navate, divise da due file di colonne e contiene moltissimi affreschi che illustrano sia la vita della Vergine che le grandi figure monastiche, in qualche modo legate a Farfa. Fra questi un grande “Giudizio universale” dipinto nel 1561 dal pittore fiammingo Van Den Broek, e tre dipinti di Orazio Gentileschi, padre di Artemisia.

Il giudizio universale

Vicino all’altare, di epoca carolingia, si trovano alcune parti del pavimento originario della Basilica, mentre nell’abside possiamo ammirare un coro ligneo del primo Seicento. Se però alziamo gli occhi vediamo un bellissimo soffitto in legno a cassettoni realizzato nel 1494, quando l’Abbazia era sotto la “protezione” della Famiglia Orsini. Secondo la tradizione la doratura del legno del soffitto fu realizzata grazie al secondo carico d’oro proveniente dalle nuove “indie” americane. I “Cattolicissimi” Re di Spagna, Ferdinando ed Isabella, decisero infatti di donare al Papa i primi carichi d’oro provenienti dalle nuove terre, forse per farsi perdonare qualche “eccesso” nella conquista, molto poco cristiano. Il primo carico d’oro fu utilizzato per arricchire la Basilica di Santa Maria Maggiore, il secondo è servito a rendere meraviglioso, anche a molti secoli di distanza, il soffitto dell’Abbazia di Farfa.

L’interno dell’Abbazia è visitabile con una specifica visita guidata che ti permette di scoprire, oltre alla storia di questo magico luogo che vi ho appena riassunto, anche altre zone della parte conventuale: il chiostro Longobardo, la sala capitolare, il chiostro grande e la Biblioteca, dotata di oltre 45.000 volumi, tra cui pregevoli codici. Infatti una delle principali attività previste della regola benedettina medievale (la famosa Ora et Labora) riguardava proprio la copiatura di volumi ed antichi manoscritti, fatta da monaci specializzati detti “Amanuensi”. Grazie al loro silenzioso e paziente lavoro, in questa ed in altre abbazie, il sapere del mondo classico greco e romano è arrivato sino a noi, nonostante le invasioni dei barbari, la fine dell’impero romano e le tante tragiche vicende della storia e del medioevo.

Ringraziando mentalmente quei pazienti monaci di tanti secoli fa, usciamo dall’Abbazia e ci immergiamo nel piccolo borgo di Farfa. Anche il borgo, naturalmente, è di origine medievale, come dimostrato dalla particolare architettura delle case, tipica del medioevo, con un grande vano, a livello stradale, da adibire a bottega ed una parte superiore soppalcata, dove di norma viveva il commerciante. In epoca medievale alcune di queste casette venivano affittate dai monaci ai mercati che raggiungevano l’Abbazia per le due grandi Fiere dedicate alla Vergine ad aprile e a settembre di ogni anno.

Saltuariamente, in questi antichi spazi fuori dall’Abbazia, ancora oggi si svolgono piccoli mercatini di artigianato ed enogastronomia locale che riportano il borgo al suo antico utilizzo.

 

Proseguendo lungo la strada principale del Borgo, proseguiamo nel nostro itinerario di scoperta e conosciamo un altro giovane artigiano “autodidatta”, Ernesto Gemini, che con il materiale raccolto nei boschi intorno all’Abbazia (pigne, legno, muschio, sassi) realizza piccoli oggetti unici e originali.

 

Di fronte alla sua bottega, in una piccola area verde, scopriamo l’officina della Poesia, spazio particolarissimo dedicato alla “poesia concreta”.

Anima del progetto è il poeta D’Aliesio, che da alcuni anni ha riprogettato questo piccolo spazio unendo poesie e vecchi strumenti da lavoro. Ci colpisce una bilancia dove sopra i due piatti sono depositate delle poesie scritte dal D’Aliesio. Secondo una consolidata tradizione del Poeta ogni visitatore può prendere gratuitamente una o più poesie per portarsele nella propria città o nella propria vita. Se però la bilancia della poesia perde l’equilibrio e si muove, il visitatore deve sostituire la poesia che ha preso con una propria poesia, in modo da non alterare l’equilibrio poetico.

 

Quella che noi riportiamo a Roma recita:

I colori al pittore, la forma allo scultore,

le note al musicista, il verso all’attore, un sorriso al bambino

tutto questo ho rubato, per farmi poeta”

Ed anche noi oggi torniamo a Roma felici, dopo aver rubato: la voglia di credere ad un sogno e la tenacia di costruirlo a San Tommaso da Morienna, la capacità di pensare e realizzare oggetti unici da materiali poveri ad Elena e ad Ernesto, il profumo delle cose buone e la voglia di condividerle da tutti gli artigiani che ci hanno accolto a Farfa e dai monaci che da secoli, silenziosamente, rendono l’Abbazia di Farfa viva e bella.

 

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Commenti

  1. Sabrina Pietrangeli

    Stupenda Farfa ed incantevole l’Abbazia… sono un po’ di parte, la mia famiglia è originaria di Fara Sabina, e respiro quei luoghi da sempre. La Messa domenicale delle 12 è sempre bellissima specie se a fare l’Omelia e Don Santo, un Monaco Benedettino pieno di sapienza.

    1. Autore
      del Post
      Lamberto Funghi

      Grazie Sabrina e visto che ami quelle zone ci farà piacere se vorrai segnalarci, in futuro, altri spunti interessanti per il nostro Blog.

  2. Ilaria Simonetti

    Ho apprezzato molto l’articolo da voi pubblicato e la raccolta di immagini da voi selezionata. Credo abbiate messo risalto il meglio di questo splendido borgo al quale sono, da sempre, molto legata.
    Qui sono cresciuta, qui ho ho trascorso i miei natali, qui ho mosso i miei primi passi come guida turistica e sempre qui continuo a rifugiarmi, in quella casa che custodisce gelosa i miei ricordi più cari.
    Duole però sottolineare che le case, le strade del centro storico e l’intero complesso abbaziale sono tutte strutture rinascimentali e non medievali, come invece molti sono portati a pensare.
    Gli unici, pochi elementi medievali ancora oggi visibili e riconoscibili ruotano come satelliti attorno al corpo rinascimentale predominante.
    Pregherei quindi di evidenziarlo, nel rispetto del luogo in sè.

    1. Autore
      del Post
      Lamberto Funghi

      Carissima Ilaria grazie del tuo contributo. E’ vero, come hai evidenziato, che tecnicamente l’Abbazia ed il Borgo sono stati rifatti nel periodo Rinascimentale ed anche in epoca successiva, ma nell’animo e nello spirito di tutti i visitatori, e a volte anche sulle principali guide e materiali turistici, l’Abbazia di Farfa è legata in maniera indissolubile alla storia del nostro Medioevo. E da quel ruolo nasce molto del suo fascino e potere di attrazione turistica. Personalmente noi del Blog lo abbiamo trovato un posto delizioso pieno di personaggi, storie e passioni che valeva la pena raccontare e far conoscere ai nostri lettori.

      1. Ilaria Simonetti

        Concordo pienamente in merito alla bellezza del luogo e al fascino delle sue attrazioni.
        Per quanto concerne l’etichetta con cui Farfa viene, da molti, denominata e riconosciuta su scala nazionale, devo però dissentire.
        Gli interventi operati da Giovan Battista Orsini e da Alessandro Farnese (entrambi abati commendatari della suddetta struttura abbaziale) non solo sono tangibili, quanto anche documentati. Le fonti primarie, per quanto possano non piacere, sono documenti inconfutabili.
        L’intervento rinascimentale segnò una svolta nel destino farfense, non solo da un punto di vista strutturale quanto anche e soprattutto da un punto di vista mentale (vedi la chiesa, che da ambiente elitario e spirituale diventa uno spazio pubblico ed economico, incentivando il singolo a visitare le botteghe che affiancano la via principale, anch’essa ambiente di lucro).
        Detto ciò non voglio sottovalutare o cancellare l’importanza rivestita da Farfa in epoca medievale, periodo di splendore e di rivalsa economico-politica sia per i benedettini che per il centro storico. Bisogna però distinguere l’uno e l’altro aspetto. Quando si parla dell’abbazia è logico e giusto impiegare l’etichetta “imperiale” e “medievale”, quando si menziona il borgo è doveroso usare il termine “rinascimentale”. La sua storia e la planimetria non mentono.
        L’intero complesso poggia su di un impianto pagano presistente, molto probabilmente una Domus di campagna ricevuta in cambia della libera uscita o un tempio dedicato al culto della dea Vacuna, ma non per questo quando si parla di Farfa usiamo il termine “romano”.
        Mischiare le carte in tavola non facilita la comprensione della sua storia e la valorizzazione del sito in sè. L’unico risultato che si ottiene è l’impigrimento mentale da parte del turista, specialmente quello medio.
        Grazie ancora per la vostra attenzione.

        1. Autore
          del Post
          Lamberto Funghi

          Carissima Ilaria, complimenti per la tua passione e conoscenza della storia dell’Abbazia. I nostri lettori troveranno nel tuo post un interessante approfondimento. Grazie e continua a seguirci su GiroViaggiando.

  3. Cesare Augusto Valentini

    Sarebbe il caso di precisare il perchè della espressione “abbazia imperiale”!

    1. Autore
      del Post
      Lamberto Funghi

      Grazie dello stimolo Cesare. Sicuramente è importante sottolineare che la protezione accordata da Carlo Magno all’Abbazia ed il suo soggiorno nel viaggio di avvicinamento a Roma. dove nel Natale dell’800 sarebbe stato nominato Imperatore, è stata fondamentale per dare all’Abbazia di Farfa quel ruolo politico e territoriale di rappresentanza del potere imperiale, specialmente nei confronti del nascente potere temporale dei Papi.
      Fu sicuramente, fino al XIII secolo l’epoca d’oro dell’Abbazia di Farfa e la base del suo mito culturale e storico che dura ancora oggi e che spinge numerosi turisti, noi compresi, a visitarla nonostante le scarse tracce realmente “medievali” ormai rimaste.

Voi cosa ne pensate?