San Gemini (Tr): Una tradizione di serenità e bellezza a servizio della salute.

Viaggiare è qualcosa che normalmente associamo all’estate, alle vacanze, ai periodi di relax, ma a volte ci si può spostare anche per altre ragioni: lavoro, studio, motivi sanitari. Ma qualsiasi sia il motivo per cui ci si muove perchè non approfittare dell’occasione per guardarci intorno, anche per una piccola pausa, e scoprire le bellezze, particolarità e curiosità del luogo che ci ospita ed accoglie?

E’ l’esempio e l’esperienza che ci racconta la nostra inviata speciale Patty Patrizi, che approfittando di uno spostamento legato alla vaccinazione Covid, ha deciso di fermarsi e scoprire il bellissimo Borgo umbro di San Gemini (Tr), trasformando una piccola occasione di stress e di ansia legata alla salute, in una grande occasione per scoprire la bellezza, la serenità e l’arte di prossimità.

In una calda e soleggiata mattina di giugno stavamo percorrendo, io e mio marito, la E45 Orte-Terni, per andare a fare il vaccino anti Covid 19 a Terni, seconda provincia umbra, quando, forse per rilassarmi, noto il cartello che indica l’uscita San Gemini. Mi giro verso mio marito e gli dico che vorrei visitare questo paese al ritorno. Mi ricorda l’acqua minerale che mia mamma faceva bere a me e mia sorella bambine.

San Gemini è, infatti, molto nota per le sue terme e per l’omonima acqua, ricca di sali minerali, famosa sin dall’epoca romana. Dalle pendici del Monte Torre Maggiore sgorgando dal sottosuolo dà vita a due fonti, San Gemini e Fabia. Ma per tutti coloro che sono nati e cresciuti negli anni 60 e 70 del novecento, la Sangemini era per antonomasia l’acqua da dare ai bambini. Un’acqua così preziosa e salubre che all’epoca era venduta non nei supermercati ma in farmacia.

Completato l’iter vaccinale, ripartiamo da Terni e come promesso prendiamo non la Superstrada E45 ma la statale che porta a San Gemini.

Dopo pochi chilometri si inizia a salire e il panorama diventa bellissimo. È una giornata di sole e il verde dei boschi è più brillante che mai.

Arrivati a San Gemini, parcheggiamo la macchina nell’ampio parcheggio antistante l’arco di entrata al paese.

Pochi passi e dopo l’arco svoltiamo a destra per andare a visitare il duomo.

Il duomo di San Gemini è un edificio risalente al IX secolo ma ricostruito nel 1817. La chiesa fu ricostruita tra il 1817 e il 1847 in stile neoclassico dall’architetto Matteo Livioni di Roma, pare su ispirazione di Antonio Canova, che dal 1813 dimorava a San Gemini, durante il periodo estivo.

All’interno del Duomo sull’altare maggiore c’è un crocifisso del XV secolo e nel coro ci sono cinque tele del Seicento raffiguranti San Giacomo Maggiore (1612), San Sebastiano, Sant’Agostino, una Madonna col Bambino e San Matteo Evangelista. Sotto l’altare maggiore è custodita l’urna con le reliquie attribuite a Santo Gemine, Patrono della città, rinvenuta nel 1775 in una nicchia murata adiacente alla sagrestia.

Entro e mi lascio avvolgere dal profumo dell’incenso e dalla pace della chiesa. Ci sono bottigline con l’acqua benedetta, vicino all’ingresso, le candeline e i cartoncini con la preghiera. Anche quest’anno il prete non è venuto per le case a benedire, quindi faccio l’offerta e prendo il kit, ringraziando a voce alta. Mio marito mi guarda con aria interrogativa, siamo soli in chiesa. Diciamo una preghiera e usciamo.

Percorriamo il corso del paese, ammirando le botteghe che hanno tutte i portoni come una volta, di legno, molto caratteristici.

Arriviamo nella piazza dove si affacciano la chiesa di San Francesco e il settecentesco Palazzo Comunale che ha sostituito palazzo Vecchio come sede del Comune. La chiesa, dedicata al santo di Assisi che qui effettuò un esorcismo nel 1213, risale a quel periodo e presenta un bel portale gotico con antica porta di legno; l’interno in stile gotico conserva affreschi di scuola umbra.

Un altro arco in pietra, la Porta dei Burgi, ci indica che il corso continua. Da qui ci si inoltra nella parte più vecchia di San Gemini. Ci fermiamo in un caratteristico negozio di alimentari per prendere una “ ciaccina” cotta nel forno a legna con il rosmarino che ci facciamo spaccare a metà e riempire con il prosciutto locale, dal gentile salumiere.

Saliamo per il corso ammirando, a sinistra e a destra, i vicoli che ora salgono e ora scendono, con le tipiche scale a mattoncini. Ai lati del corso le file di case in pietra sono interrotte da alcuni palazzi padronali e anche da qualche corte con sopra giardini pergolati e fioriti. Uno di questi palazzi è diventato un bellissimo hotel 5 stelle. Di fronte una tipica taverna che mi sembra molto bella e accogliente.

Ad un certo punto giriamo a sinistra e continuiamo a salire. Passiamo sotto una volta che collega i due lati del vicolo, qui , sul muro, c’è un’edicola religiosa molto bella alla quale qualcuno ha deposto fiori freschi. Ad un certo punto siamo in cima al paese. Da un lato le case, dall’altro una mezza terrazza che domina la valle.

Poi torniamo indietro scendendo per le scalette di mattoncini. Al lato di ogni portone, di qua e di là, ci sono vasi di fiori colorati.

In un angolo tra il vicolo e un altro che risale, c’è una casa- torre antichissima con le pietre angolari.

Si tratta della antica Torre Esperia, annessa al Palazzo Pretorio, conosciuto anche come Palazzo Vecchio o Palazzo del Capitano del Popolo, antico simbolo del libero comune di San Gemini.

La pietra delle case, ora bianca ora grigia chiara, brilla al sole che filtra nei vicoli. Le poche case intonacate, hanno colori panna e giallo.

È tutto molto ordinato e pulito, tutto silenzioso e sereno e i gatti dormono in mezzo alle stradine.

Al termine della passeggiata, capisco che grazie al Borgo di San Gemini, mi sono proprio rilassata, e dire che avevo l’ansia post vaccino, invece la quiete e la bellezza del posto, mi hanno calmato, e capisco perchè da anni il Borgo di San Gemini è parte dell’Associazione dei Borghi più belli d’Italia e del gruppo delle Città Slow.

Ripartiamo sereni e soddisfatti, sbirciando lungo la strada per Terni, il parco archeologico di Carsulae, antico municipio romano sorto lungo il tracciato della via Flaminia. In questi ultimi anni gli scavi e le ricerche hanno permesso di riportare alla luce una buona parte della zona del Foro, con i resti della basilica e di due templi gemelli, il Teatro, l’Anfiteatro e l’arco di San Damiano che segnava l’uscita dalla città della via Flaminia. Sarei tentata di fare una ulteriore sosta, attratta dalla visione delle rovine al tramonto, ma la giornata volge al termine e casa mi aspetta.

Contenta dell’esperienza, prometto però a me stessa di approfittare dell’estate per visitare altri paesi del cuore verde d’Italia. Vivo in Umbria, adesso, devo conoscere i borghi delle sue otto valli, per scoprire un turismo di prossimità, semplicità e serenità che fa bene al cuore ed all’anima di tutti noi viaggiatori e che può trasformare anche un viaggio “sanitario” in un percorso di scoperta della bellezza di questa nostra terra.

Patty Patrizi

Travel addicted & reporter

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