Ferrara: il fascino dell’inaspettato

Ferrara, il fascino dell’inaspettato

Ferrara: città ricca di storia e di storie, ancora da narrare e da svelare. Magica e affascinante, avvolta da una seducente e sottile malìa, velata come le sue nebbie. Amata e odiata da artisti, poeti e viaggiatori che attraverso il tempo l’hanno vissuta, respirata, ascoltata”

(Mirna Bonazza – Storica e scrittrice ferrarese)

Preparare un viaggio, per chi ama viaggiare, è sempre un momento di approfondimento e di scoperta. Si legge, si consulta, si scrive, si sceglie. Si vive il film del viaggio 10, 100, 1000 volte nella propria testa, valutando se si è dimenticato qualcosa di importante…

Ma cosa fare quando arrivi finalmente alla meta e scopri che molte delle famose “10 cose imperdibili” che tutti i siti consigliano e sono il “must” di ogni provetto viaggiatore 2.0 sono chiuse e non visitabili causa forza maggiore? Bel problema… da risolvere in tempi rapidi per non rovinarsi la vacanza prima di cominciarla…

Questo è un pò quello che è capitato a noi quando arrivati a Ferrara con la lista delle famose 10 cose da vedere e raccontare, scopriamo che molte di queste sono chiuse perchè ancora in restauro dopo i danni del terremoto del 2012… ed anche quelle aperte sono parzialmente visitabili.

Sarebbe facile telefonare in redazione e magari cambiare città o oggetto dell’articolo, ma decidiamo di accettare la sfida e da bravi slow traveler, ci immergiamo nella dimensione “piccola e meno conosciuta” di questa meravigliosa città abbandonando la tranquilla strada del famoso per la piccola ma affascinate strada dell’inaspettato, passando con coraggio le “colonne d’Ercole” del Seo, (Search Engine Optimization, cioè tutte quelle attività volte a migliorare la scansione, l’indicizzazione e la catalogazione di un articolo presente in un sito web) l’intoccabile vangelo tecnico di tutti i provetti Blogger.

D’altra parte anche Ferrara sboccia “inaspettatamente” nella storia italiana, solo nel rinascimento. Non ha radici romane da evocare, non ha Dei o semi dei a cui ascrivere la propria fondazione. Deve la sua fortuna alla famiglia “Este”, che pur proveniente da un borgo esterno alla città, a fine quattrocento si insediano a Ferrara e governano la città per quasi tre secoli rendendola capitale di uno stato piccolo ma culturalmente attivissimo. In questo periodo d’oro alla corte estense vissero e lavorarono alcuni tra gli artisti e letterati di maggior rilievo del tempo come Piero della Francesca, Leon Battista Alberti, Andrea Mantegna, Tiziano Vecellio, Ludovico Ariosto e Torquato Tasso.

Grazie alla presenza dell’università, insegnarono in città Niccolò Copernico, Giovanni Pico della Mirandola, Paracelso e Gabriele Falloppio.

Ci immergiamo quindi nella magia imprevista delle storie ferraresi e ci dirigiamo verso il cuore storico e rinascimentale di Ferrara, il Castello Estense.

Castello Estense

Anche il Castello estense ha una sua storia da raccontare. Viene realizzato infatti nel 1385 grazie alla paura… Nicolò II d’Este, lo fa realizzare per difendersi dai cittadini furiosi per le troppe tasse. E dato che la paura mette fretta il Castello è costruito in soli due anni.

Viene considerato il monumento più rappresentativo della città. Fu concepito come fortezza militare, costruito in mattoni, a pianta quadrata e dotato di quattro torri difensive con altane, circondato da un fossato con acqua che lo rende uno degli ultimi castelli europei con tale caratteristica. Ma già a partire dalla fine del quattrocento perde le sue caratteristiche esclusivamente militari ed assume la funzione di reggia signorile.

Passeggiando all’interno dei saloni aperti al pubblico iniziamo a scoprire alcune delle “piccole/grandi” storie ferraresi. Anzitutto nelle stanze adibite a cucina scopriamo la figura, la vita e l’importanza degli Scalchi rinascimentali.

Lo Scalco era il soprintendente alle cucine principesche e aristocratiche ed aveva un ruolo importantissimo nei banchetti rinascimentali. Spettava a lui selezionare e dirigere i cuochi e la servitù, provvedere alla mensa quotidiana del suo signore, con cui teneva personalmente i rapporti, rifornirne la dispensa, organizzare i banchetti nei minimi dettagli. Non era quindi un semplice servitore, anche se di rango elevato, ma un cortigiano: un gentiluomo per nascita o, più raramente, per meriti culinari. Perciò, a differenza dei cuochi, a cui era vietato, poteva vestire in modo ricercato, e portare barba, baffi e parrucca.

Una figura a metà fra il maggiordomo inglese ed il Cannavacciuolo o il Bruno Barbieri moderni, indispensabile per la buona riuscita di ogni banchetto. Perchè il Banchetto, in epoca rinascimentale, non è l’equivalente del nostro pranzo o della nostra cena di gala, è una rappresentazione del potere che si esprime per mezzo dell’ostentazione dei simboli della tavola, attraverso i quali è esaltata la grandezza del principe. Infatti il più delle volte il banchetto rinascimentale conta un numero spropositato di portate, normalmente oltre la cinquantina, ben superiori alla potenziale fame o alle necessità degli invitati. Tutto accompagnato da musiche, scenografie e coreografie personalizzate per ogni piatto.

L’arte “politica” ed artistica del banchetto rinascimentale raggiunge i massimi vertici di raffinatezza proprio a Ferrara durante il periodo estense dove agli Scalchi ed all’Arte del bel servire vengono dedicati libri e trattati tra i più letti dell’epoca.

Proseguiamo la visita del Castello e lasciamo le cucine, sedi di questi antichi “masterchef rinascimentali” e scendiamo nelle prigioni.

Collocate sotto il livello del fossato, anche questi luoghi tetri raccontano storie, più tristi rispetto alle precendenti. Quelle, ad esempio, di don Giulio e don Ferrante, fratelli di Alfonso I d’Este che vennero rinchiusi nel 1506 dopo aver attentato alla vita del duca e del fratello cardinale, o la storia tragica e romantica al tempo stesso degli amanti Ugo e Parisina, tragicamente morti per volontà di Niccolò III D’Este, il marito tradito di Parisina. Secondo la tradizione i fantasmi dei due giovani amanti si aggirano ancora per le sale del Castello e se durante la vostra visita non li vedrete, potrete consolarvi guardando in alcune celle le tracce ed i graffiti lasciati sulle pareti dagli antichi reclusi.

Saliamo ai piani nobili, scopriamo gli appartamenti rinascimentali del Castello e la favolosa Loggia degli Aranci, un incredibile ed inaspettato giardino pensile, voluto nel 1531 dal duca Alfonso I, per amore ed in onore delle due grandi donne della famiglia, la moglie Lucrezia Borgia e la sorella Isabella. Passeggiando fra i numerosi alberi di agrumi scopriamo la storia ed il grande dualismo di queste due prime donne del Rinascimento italiano.

Isabella fu mecenate delle arti, nonché, si direbbe oggi, “influencer” della moda. Infatti il suo innovativo stile nel vestire venne copiato da donne nobili in tutta Italia e alla corte francese. Fu anche un’appassionata collezionista di arte e scultura che collocò all’interno “studiolo di Isabella d’Este“, nella reggia di Mantova dove visse dopo il suo matrimonio con Francesco II Gonzaga.

Lucrezia Borgia è altrettanto conosciuta. Arrivata a Ferrara in terze nozze, preceduta dalla sua fama “dark” che spazia dal presunto incesto con il padre, Papa Alessandro VI, ed il fratello Cesare all’omicidio ed a numerosi presunti o reali avvelenamenti, si rivela invece un’ottima governatrice e mecenate, tanto che il marito le lascia spesso, in guerra, il governo della città. Fu anche lei un’attiva mecenate, accogliendo a corte poeti e umanisti come Ludovico Ariosto, Pietro Bembo e Ercole Strozzi. Dal 1512, per le sventure che colpirono lei e la casa ferrarese, insidiata dai suoi potenti vicini di Venezia, Stato della Chiesa e regno di Francia, Lucrezia iniziò a indossare il cilicio, s’iscrisse al Terz’ordine francescano e fondò, con le sue personali rendite, il Monte di Pietà di Ferrara per soccorrere i poveri. Morì nel 1519, a trentanove anni, per complicazioni dovute ad un parto, lasciando la famiglia e la città in un profondo lutto, tanto da essere definita dai suoi concittadini «una perla in questo mondo, bella e buona e dolce e cortese con tutti

Lasciamo il Castello ed proseguiamo il nostro cammino alla scoperta di Ferrara e delle sue storie

Il Centro storico di Ferrara e l’Addizione Erculea

Ci fermammo quel giorno in Ferrara, la quale invero è una bella città in apparenza: ha da ogni parte palazzi grandi e magnifici; le strade dritte, lunghissime e molto larghe: sulla piazza, ch’è grande e bella, da un lato vi è il Duomo, chiesa principalissima della città, da un altro vi è il palazzo, anzi piuttosto il castello dove abita il Duca; innanzi la porta del quale sono poste alcune statue ad onore e memoria de’ loro Duchi passati. La città è assai grande e molto bene popolata, è d’ogni intorno circondata dalle acque del Po, che le rendono l’aria forse più umida di quello che converrìa per la salubrità dei corpi. Nella città è anche lo studio delle leggi e delle arti, ma non certo da comparare alla vista con quello di Padova o con quello di Bologna.

( Andrea Minucci (1512 – 1572), medico, arcivescovo e scrittore italiano)

Passeggiando per il centro storico fermiamoci ad ammirare la Cattedrale di San Giorgio. La facciata della cattedrale è romanica e presenta logge, arcate, statue, rosoni e bassorilievi, purtroppo sempre a causa del terremoto tutto è transennato e scarsamente visibile.

Proseguiamo poi sul fianco sud della Cattedrale, dove si trova, ed è visibile, una lunga loggia sostenuta da esili colonne in marmo bianco, con capitelli scolpiti ognuno in maniera diversa. Questo porticato porta l’antico nome di Loggia dei Merciai ed era sede di attività commerciali di ogni genere, come di fatto lo è ancora oggi.

 

Immergiamoci nella Ferrara medievale percorrendo meravigliosa Via delle Volte, chiamata così per via degli archi e dei passaggi sospesi che la caratterizzano. La sua bellezza, risiede proprio nel tipico sapore medievale, nell’acciottolato della pavimentazione, nel suo carattere estremamente raccolto.

Se siete stanchi del medioevo, rientrate nel clima rinascimentale passeggiando nell’Addizione Erculea, il quartiere “nuovo” realizzato dal Duca Ercole I Este. La nuova parte, rifacendosi all’urbanistica romana nelle descrizioni di Vitruvio, aveva una rete viaria ortogonale che si articolava su due assi principali. Il risultato urbanistico, una struttura ortogonale composta da angoli retti e linee dritte, è rimasto ad oggi intoccato nella sua logistica e razionalità moderna. La nuova situazione urbanistica ferrarese fu infatti, nel panorama italiano ed europeo del tempo, la più moderna. Prevedeva anche ampie “zone verdi” dove ancora oggi la natura ha una straordinaria presenza ed energia, con oltre 400 specie locali di arbusti.

Proprio grazie alla “modernità” del nuovo quartiere Ferrara ha ricevuto, nel 1995 l’ambito riconoscimento dell’Unesco come Patrimonio dell’Umanità perchè ” mirabile esempio di città progettata nel Rinascimento, che conserva il suo centro storico intatto e che esprime canoni di pianificazione urbana che hanno avuto una profonda influenza per lo sviluppo dell’urbanistica nei secoli seguenti”.

Palazzo dei Diamanti

Al centro del quartiere rinascimentale troviamo il Palazzo dei Diamanti, sede espositiva di numerose mostre temporanee e sede permanente della Pinacoteca Nazionale, purtroppo parzialmente visitabile, sempre causa terremoto.

Deve il suo nome deriva alle circa 8.500 bugne in marmo bianco e rosa a forma di diamante che ne ricoprono le due facciate.

Secondo una leggenda in una delle bugne si nasconderebbe un autentico diamante appartenente alla corona del Duca Ercole, ma purtroppo nonostante i secoli ed i danni del terremoto del 2012 il diamante non è mai stato ritrovato…

Il Quartiere Ebraico

La visita di Ferrara non può dirsi completa senza una passeggiata nell’antico cuore ebraico di questa splendida città. L’arrivo degli ebrei in questa città ad un nobile gesto del Duca Ercole I che decise, nel 1492, di accogliere nel Ducato gli ebrei espulsi dal neonato Regno di Spagna. Decisione non facile per l’epoca e per gli equilibri politici di un ducato “formalmente” sotto la protezione del Papa… Un vero gesto di accoglienza, verso persone in fuga, raro in tempi rinascimentali e difficile anche nella nostra moderna cultura. Grazie al Duca, gli ebrei fuggiaschi si stabilirono nella capitale estense, sviluppando quella raffinata cultura di Ferrara che si estese a Venezia e in altri paesi del Mediterraneo.

Noi siamo molto contenti che vengano ad abitare qua con le loro famiglie… perché sempre saranno benvisti e trattati in tutte le cose che potremo e ogni die più se ne conteranno di essere venuti a Casa nostra.

(Ercole I d’Este – 20 novembre 1492)

Si forma in tal modo la Comunità ebraica di Ferrara ove confluiscono tre correnti ebraiche: una parte da Roma, l’altra scende dalla Germania, l’altra ancora arriva dalla Spagna.

All’inizio gli ebrei ferraresi sono agricoltori, medici e piccoli commercianti. Poi, in seguito alla proibizione per i cattolici, di svolgere prestiti a interesse, gli ebrei, con l’appoggio delle autorità cittadine, vengono sollecitati a svolgere attività bancaria.

A Via Mazzini si trova la Sinagoga, realizzata nel 1485 grazie ai fondi di un ricco banchiere romano Ser Samuel Melli che aveva donato l’immobile agli ebrei ferraresi perché ne facessero la sede delle loro istituzioni.

Ancora oggi la casa è il centro della vita dell’ormai piccola comunità locale. Accanto al portone d’ingresso si notano due lapidi, il ricordo tangibile delle terribili persecuzioni razziali. Fra gli ambienti interni, purtroppo al momento non visitabili causa terremoto, vi è l’ex Tempio Tedesco (Ashkenazita), utilizzato per le cerimonie più solenni. L’ex Tempio italiano è oggi un elegante e ampio salone usato per conferenze e celebrazioni comunitarie. L’Oratorio Sefardita è un piccolo tempio del sec. XIX, comunemente usato per i riti del sabato. Sembra strano ma la Sinagoga di Ferrara è l’unico tempio in europa dove convivono tutte e tre le principali correnti della fede e della cultura ebraica. Un altro piccolo frutto del miracolo di accoglienza seminato dal Duca Ercole..

La Gastronomia ferrarese

Se camminare ed ascoltare storie vi ha messo appetito ecco tre “must” della gastronomia e tradizione ferrarese: i Cappellacci di Zucca, la Salama da Sugo e la Torta di Tagliatelle.

I Cappellacci di Zucca si trovano già presenti nei ricettari rinascimentali degli Scalchi al servizio della famiglia d’Este. Gli ingredienti sono gli stessi della ricetta attuale se non fosse per l’aggiunta di alcune spezie, come lo zenzero ed il pepe, oggi cadute in disuso ma all’epoca particolarmente ricercate. Il nome pare abbia origine dalla forma del prodotto, vagamente somigliante a quella del cappello di paglia dei contadini del cinquecento.

La zucca usata solitamente è la violina, varietà che deve il nome alla forma allungata simile a quella dello strumento musicale, che in passato, una volta svuotata, svolgeva anche funzioni di serbatoio d’acqua o vino e di contenitore di polvere da sparo.

La Salama da sugo, citata da Lorenzo il magnifico, è un salume con un impasto di carne suina macinata con vino rosso, sale, pepe nero, noce moscata, cannella e chiodi di garofano e altri ingredienti che nessun artigiano è disposto a rivelare.
Viene stagionata per circa un anno e, proporzionalmente alla sua dimensione, cotta da sei a otto ore in acqua bollente. Come contorno viene abbinata esclusivamente al purè di patate o di zucca. Numerosi personaggi illustri hanno lasciato giudizi entusiasti su questo piatto tipico: da Mascagni a Ungaretti, da Bacchelli a D’Annunzio, da Greta Garbo a Mario Soldati.

La Torta di Tagliatelle non è un piatto salato ma è un dolce con base di pasta frolla e una farcitura di mandorle e miele. La decorazione superiore, è realizzata con nidi di tagliatelline fresche di pasta sfoglia che dopo la cottura al forno diventa particolarmente croccante.

E’ una torta antica, pare che abbia origini rinascimentali e che le “tagliatelle fini” che ne decorano la superficie non siano altro che un omaggio alla bionda chioma di Lucrezia Borgia, signora del Castello Estense di Ferrara per quasi un ventennio.

E degustando la Torta che ricorda Lucrezia Borgia, chiudiamo il nostro giro fra i vicoli, la storia e le storie di Ferrara. Non abbiamo visto solo 10 cose “imperdibili” ma abbiamo sperimentato emozioni ed accumulato ricordi delle piccole cose che ci rimarranno a lungo nel cuore.

Amo tornare a Ferrara, amo vedere Ferrara di notte, con il suo silenzio metafisico, amo vederla con gli occhi di Giorgio de Chirico quando ha creato le muse inquietanti, amo vedere l’angolo più bello d’Europa, il castello, la via delle volte, il sottomura con l’area cani più grande d’Italia, amo immergermi nella nebbia di una notte umida di gennaio, amo andarmene via qualche giorno per poi riannusare l’odore del pane ferrarese

Andrea Poltronieri comico, polistrumentista e cantante italiano

 

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Commenti

    1. Autore
      del Post
      Lamberto Funghi

      Ciao Roberta, almeno il Duomo verrà riaperto entro giugno e per la prossima estate molti altri luoghi torneranno finalmente nuovamente visitabili. Speriamo sia così

Voi cosa ne pensate?