L’Isola Bisentina, la perla nascosta del Lago di Bolsena (Vt)

«Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose;

trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra» (Mt 13, 45-46)

 

Fatte le debite proporzioni possiamo dire che anche il Blogger è un viaggiatore che va in cerca di perle preziose, perle sotto forma di luoghi, oggetti, prodotti, esperienze, sensazioni che prova e trova e poi condivide con tutti i suoi lettori. Perle che per essere scoperte ed apprezzate molte volte richiedono occasioni da cogliere al volo, alzatacce mattutine, lunghi viaggi in macchina, tramontane e file, ma che poi ti ripagano aprendoti scenari ed esperienze uniche e particolari.

Questo è quello che, nel nostro piccolo, è capitato a noi di Giroviaggiando, quando domenica 25 marzo abbiamo colto al volo l’occasione offerta dalle Giornate di Primavera del Fai – Fondo Ambiente Italiano, per visitare la piccola e poco conosciuta Isola Bisentina, una delle due isole del Lago di Bolsena (Vt)

 

Armati di curiosità, macchina fotografica e pazienza siamo partiti da Roma per essere a Capodimonte, piccolo comune rivierasco del Lago di Bolsena, in tempo per prendere il primo battello per visitare la misteriosa e, da parecchi anni inacessibile, Isola Bisentina.

 

 L’Isola Bisentina

L’isola Bisentina è la maggiore del lago di Bolsena per superficie e appartiene al territorio comunale di Capodimonte (Vt). Deve il suo nome dall’antica città etrusco-romana di Bisenzio, collocata sulle rive del lago nel punto più prossimo all’isola. Similmente come, la sua sorella “minore” l’Isola Martana deve il proprio nome alla vicinanza con il borgo di Marta (Vt)

Dal punto di vista geologico l’Isola è quanto resta di un cono eruttivo del vulcanico Vulsinio che entrò in attività quando già esisteva il lago, circa 132.000 anni fa.

Fino all’anno mille l’isola fu sporadicamente abitata, mentre in età medievale diede spesso rifugio agli abitanti della vicina Bisenzio durante le numerose scorrerie dei pirati Saraceni.

Nel XV secolo diventò proprietà dei Farnese che vi edificarono, su progetto del Vignola, la chiesa dei Santi Cristoforo e Giacomo, destinata a diventare il mausoleo di famiglia. Oltre alla Chiesa i Farnese ristrutturarono l’Isola, secondo i dettami artistici e botanici rinascimentali, con l’intento di farne il loro personale “giardino delle delizie”. E’ curioso sottolineare, come i nostri amici Giroviaggiatori sanno avendo già visitato Caprarola, che quasi tutti i palazzi realizzati dalla Famiglia Farnese a Caprarola, a Roma e, successivamente, a Parma nascono con il progetto di creare “giardini ed oasi di delizia e riposo”, come se nel DNA di questa nobile ed importante famiglia fosse impressa la bellezza, la serenità e la dolcezza della Tuscia e dell’Orvietano, loro territorio di origine. Un imprinting così forte da volerlo ricreare, nei secoli ed in tutti i territori dominati dalla Famiglia.

Successivamente l’Isola ospitò anche un convento francescano ed ai frati si deve l’edificazione delle sette cappelle che sono ciascuna rivolta verso uno dei sette Comuni rivieraschi del lago. Queste sette piccole cappelle rurali sono dedicate ai singoli protettori dei paesi verso cui si rivolgono, come a sancire il legame di protezione fra il santo titolare e la comunità lacustre di riferimento.

Partendo da nord e volendo girare l’isola in senso orario, troviamo:

S. Francesco, la più antica, Monte Oliveto, Monte Tabor o della Trasfigurazione, nella quale si conservano alcuni affreschi notevolmente degradati, San Gregorio, Monte Calvario o del Crocifisso, che vanta un buon ciclo di affreschi che, a differenza di quelli della Chiesa della Trasfigurazione, sono stati oggetto di restauro da parte della Famiglia Del Drago, proprietaria dell’isola fino al 2016.

Il giro terminerebbe con Santa Caterina, detta “la Rocchina”, perché riproduce, in dimensioni ridotte, la vicina Rocca di Capodimonte e nella quale è stato riconosciuto l’intervento di Antonio da Sangallo il Giovane, architetto preferito della Famiglia Farnese, e l’ultima dedicata a Santa Concordia.

Purtroppo ho usato il condizionale perchè durante questa apertura speciale, grazie all’impegno dei Giovani Volontari della Delegazione Fai di Viterbo e dei nuovi proprietari, è stato possibile vistare solo due di queste sette chiesette rurali: Santa Concordia, degradata e priva di elementi ornamentali e pittorici e quella dedicata al Monte Calvario o del Crocifisso, che custodisce alcuni pregevoli affreschi del ‘400 attribuiti alla scuola di Benozzo Gozzoli. In questa piccola chiesa si è anche svolto, nel 1907, l’ultimo battesimo “ufficiale” di un abitante dell’isola, come ricorda una piccola targa vicino all’ingresso interno della chiesetta.

A queste due aggiungiamo la possibilità di vedere, per ora solo dal battello, anche la piccola ed originale chiesa di Santa Caterina.

Il monumento più importante è però certamente la chiesa dei Santi Giacomo e Cristoforo costruita nel 1500 su commissione dei Farnese con l’imponente cupola realizzata dal Vignola, altro famoso architetto caro alla Famiglia.

La chiesa, in stile rinascimentale,  ospita il sepolcro di Ranuccio III, fondatore delle fortune dei Farnese, qui trasferito dalla più antica chiesa di S. Giovanni, con l’intento di realizzare il comune Pantheon di famiglia.

Nella realtà della storia le cose andarono diversamente ma, visto l’obiettivo, la Chiesa ospitava oltre alla già menzionata cupola in piombo del Vignola, anche arredi e numerose opere d’arte di valore che furono trafugate dalle armate di Napoleone e sono visibili oggi, solamente andando a Parigi.

Le condizioni attuali dell’interno della chiesa non sono purtroppo migliori di quelle dell’intera isola e speriamo veramente che il restauro iniziato dalla Fondazione Luigi Rovati, nuova proprietaria dell’isola da fine 2017, riportino, in tre anni, questo piccolo scrigno di natura ed arte agli antichi splendori. Progetto di restauro che si basa su un lavoro di squadra, che mette insieme diverse professionalità botaniche, architettoniche ed archeologiche, proprio con l’obiettivo di mantenere questo speciale ecosistema e restaurarlo.

Bellezze artistiche ed ambientali sopravvissute fino agli anni ’30 del novecento, periodo in cui l’isola poteva vantare anche un piccolo ma ben curato giardino “all’italiana” amato e frequentato anche da D’Annunzio.

Comunque se le strutture artistiche sono molto trascurate e lesionate, la vista dal lago è stupefacente: si spazia dai folti boschi di leccio con pioppi, salici, platani e piante secolari attraverso tratti di macchia fino ad uliveti secolari e giardini all’Italiana. Uno studio botanico effettuato sull’isola ha rinvenuto fino a 230 tipi di vegetazione sia spontanea che naturalizzata. I panorami sono incantevoli, bellissime insenature e strapiombi rocciosi che scompaiono nell’azzurro del lago. Solo tutto questo vale e varrà, a restauri ultimati, una visita.

Riempiendoci ancora gli occhi e la memoria di questi scorci naturali, verdi ed azzurri, lasciamo l’Isola e, arrivati a terra, ci dedichiamo ad una breve visita che del bel Borgo di Capodimonte.

Capodimonte

Il piccolo Borgo di Capodimonte è situato su un promontorio del lago di Bolsena ed è dominato dalla Rocca Farnese.

La Rocca Farnese è un’altra  dimora storica della Famiglia Farnese in cui hanno soggiornato, oltre a Giulia Farnese e Lucrezia Borgia, anche numerosi Papi nel corso della storia, come Pio II Piccolomini, Sisto IV Francesco della Rovere, Innocenzo VIII Giovan Battista Cibo, Alessandro VI Rodrigo Borgia, Giulio II Giuliano della Rovere, Leone X Giovanni de Medici, Clemente VII Giulio de Medici.

Alessandro Farnese, Papa Paolo III,  fece abbellire la Rocca dall’architetto Antonio da San Gallo il giovane, facendo costruire i contrafforti (gli speroni sugli otto angoli), i loggiati sul lato nord e nel cortile interno, ed il giardino pensile. Il giardino pensile, oltre ad avere uno scopo decorativo ed estetico, fu costruito anche come opera difensiva. Ai quattro angoli sorgevano stanze attrezzate con bocche da fuoco e tutt’ intorno dovevano correre dei camminamenti sotterranei. Per accedere alla Rocca Farnese si utilizzava il ponte levatoio situato là dove oggi c’è il ponte in muratura.

Attualmente la Rocca di Capodimonte è di proprietà privata, una parte è destinata all’accoglienza turistica e le visite sono, purtroppo, consentite raramente e solo su richiesta.

Pur con questa limitazione di fruizione, purtroppo tutta italiana, una passeggiata per i vicoli del Borgo di Capodimonte vi lascerà sicuramente una traccia indelebile fra i vostri ricordi e nel vostro cuore di attenti viaggiatori ricercatori di “perle preziose”, magari ancora grezze e un pò polverose come quelle che abbiamo scoperto oggi nella magica cornice del Lago di Bolsena.

 

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