L’Umbria che non ti aspetti e che non dimentichi: da Allerona a Parrano

(seconda parte)

se per caso hai perso la prima parte puoi leggerla cliccando Qui

 

Riprendiamo il nostro viaggio alla scoperta di questa terra magnifica, incastonata fra  il Trasimeno e la Val di Chiana, visitando l’Agriturismo Cornieto ed il suo bellissimo uliveto ed orto entrambi biologici. Sinceramente non c’è niente di meglio la mattina che godersi lo spettacolo della natura per riconciliarsi con il mondo. Se poi ti aspetti di scoprire solo dei prodotti, per quanto buoni e salutari, ed invece scopri una persona, come Rita Trincia, che oltre ad essere una splendida padrona di casa ti racconta la sua storia e quella di come, da sola, produce i suoi prodotti biologici con amore, passione, forza, attenzione, valuti seriamente di spostare finalmente la tua residenza dal caos cittadino a quest’angolo di paradiso naturale.

L’Agriturismo Cornieto vi sorprenderà con i suoi prati, gli alberi, l’ospitalità di una volta, i panorami a perdita d’occhio e non sentirete la mancanza di casa avendo un’intera collina, a vostra disposizione.  Un’oasi di quiete, silenzio e relax, dove riprendere un dialogo quasi dimenticato con la natura e con voi stessi.

L’ olio che troverete e che vi consigliamo di assaggiare, è prodotto dalle olive coltivate con metodo biologico. L’uliveto ha un’estensione di  6 ettari ed è stato creato sulla base di un progetto, molto originale, che prevedeva di ottenere degli oli monovarietali, cioè tratti da una sola tipologia di oliva, derivanti da culture tipiche del territorio: MORAIOLO, FRANTOIO, LECCINO.

Le olive vengono raccolte meccanicamente, al giusto grado di maturazione, a partire dalla metà di ottobre e nella stessa giornata le olive raccolte vengono molite nel vicino frantoio che utilizza il metodo di estrazione continua a freddo, cioè con una temperatura di lavorazione non superiore a 27° gradi. Ma sulla tecnica di lavorazione non mi dilungo oltre, i GiroViaggiatori che ci seguono, ricorderanno che abbiamo già visto e raccontato tutto il processo produttivo dell’olio extravergine di oliva durante una nostra recente visita in Sabina.

Se l’olio è biologico e buonissimo, altrettanto amorevolmente curato è l’orto dell’Agriturismo. Per gli appassionati di curiosità vegetali, nell’orto troverete due rare varietà di Bieta, una rossa ed una gialla, oltretutto coltivate l’una accanto all’altra e questo appaga, oltre che la vista ed il gusto, anche il nostro animo squisitamente romano e, in questi casi, romanista.

Salutiamo Rita ed i suoi prodotti e ci dirigiamo alla volta di Allerona

Allerona

Allerona è un borgo di origine antichissima, pittorescamente situato in collina, che fa, naturalmente parte dell’Associazione dei “Borghi più belli d’Italia” e mantiene intatto il fascino di antico castello medievale.

 

Nella piazza principale del borgo si trova la Chiesa di Santa Maria dell’Assunta, a navata unica e risalente al XII secolo ma ristrutturata alla fine dell’Ottocento, il cui interno è reso prezioso dalle decorazioni di terracotta, dal pulpito e dalle finestre in alabastro.

Ma l’edificio forse più bello è la piccola chiesa rurale della Madonna dell’Acqua, appena fuori del borgo, costruita nei primi decenni del Settecento in pietra e cotto e con una curiosa forma ottagonale, accanto ad una fonte creduta miracolosa, dove già nel Quattrocento era stata eretta una cappella votiva.

Se, come noi, siete amanti delle curiosità dovete assolutamente fare una piccola sosta al Museo dei Cicli Geologici di Allerona, che conserva fra i suoi reperti, dei fossili di Capodoglio, antica testimonianza di quando, in questa zona, c’era il mare aperto… Una bella e curiosa scoperta per una delle poche regioni italiane che non affaccia sul mare.

Allerona rimarrà però nei miei ricordi di questo viaggio anche per la semplicità, la bravura e l’abilità con cui la Signora Irma ci ha raccontato e fatto veder,e l’antica arte di realizzazione dei cesti in vimini. Come ad Orvinio (Ri), anche quì ad Allerona, grazie alla Signora Irma sopravvive l’antica Arte Viminale.  Un’arte particolare, capace di dar vita, con le proprie mani ad oggetti necessari e di uso comune, usando solamente intrecci di canne ed altri vegetali (ginestra, salice, olmo, lentischio, ecc). Piante che vanno riconosciute e cercate nei campi, lungo i ruscelli e le siepi e che devono essere lavorate con pazienza ed usando esclusivamente le mani. Una sapienza antica che Irma spera di tramandare ai giovani, e che si basa su questa risorsa artigianale “a costo zero” che madre natura ci mette a disposizione.

E naturalmente quale “giovane” poteva offrirsi volontario per la prima lezione della Signora Irma? Io, il vostro Giroviaggiatore di fiducia, e se, con pazienza, ci sono riuscito io, vuol dire che anche voi, amici lettori, potreste cimentarvi con questa produzione artigianale a Km 0.

Lasciamo Allerona con il mio bel canestro di vimini “hand made” e proseguiamo per Ficulle, sempre in Provincia di Terni

Ficulle

Ficulle è un altro piccolo gioiellino medioevale le cui origini risalgono al periodo etrusco. Deve il suo nome alla lavorazione artigianale della terracotta, un’arte tramandata da una generazione all’altra fin dal periodo medioevale: in latino infatti “figulus” vuol dire “vasaio”.

L’aspetto attuale di Ficulle risale al periodo medioevale quando faceva parte dei territori controllati da Orvieto. Nel duecento il borgo venne fortificato, con la costruzione del castello e di un’imponente cerchia muraria.

Particolarmente interessante da visitare sarebbe stato Castel Maggiore, nucleo originario dell’antico castello, secondo gli abitanti, il luogo più suggestivo di Ficulle, raggiungibile passando per un dedalo di scalette e viuzze, che talvolta si allargano a formare angoli pittoreschi e piccoli slarghi. Purtroppo, come spesso capita con le bellezze minori italiane, la nostra personale passeggiata fra belllissimi vicoli e piazzette si è fermata davanti ad una cancellata con un cartello con scritto Chiuso! Non il massimo della valorizzazione per un borgo che aveva una piccola occasione per promuoversi …

Fortunatamente l’Azienda Agricola Pomario, è invece aperta ed accogliente e questo ci permette di immergerci nuovamente in una storia e tradizione di attenzione, passione e qualità di prodotto. Realizzata nel 2004, Pomario si trova su un piccolo poggio, di circa 10 ettari, molto luminoso ed isolato dal resto del territorio da un fitto bosco che lo circonda e che degrada verso il fondo valle fino al fiume Nestore, affluente del Tevere.

La nuova proprietà  ha deciso di gestirlo secondo i dettami dell’agricoltura biologico-biodinamica mantenendo inalterati gli equilibri creati dalla vecchia conduzione contadina a ciclo chiuso dove tutti i prodotti e i materiali provenivano dall’azienda stessa. grazie a questa “filosofia”, ancora una volta lenta, rispettosa e non aggressiva, sono stati recuperati sia i vecchi vigneti che l’antico uliveto.

Il rispetto del territorio e l’attenzione agli equilibri ambientali sono state le linee guida anche della realizzazione della cantina che è stata concepita con modernità, conservando però i materiali originali. I diversi ambienti di lavorazione ,invecchiamento, e imbottigliamento sono funzionali, puliti e provvisti di aggiornati sistemi ecocompatibili per il controllo dei parametri essenziali alla produzione di vini d’eccellenza.

Castello di Montegiove

Il Castello di Montegiove si erge su un colle con una vista mozzafiato sulla campagna circostante, al confine tra Orvieto e Perugia ed è uno dei castelli più antichi della regione. Venne eretto intorno al 1280  e deve il suo nome all’esistenza di un tempio romano dedicato a Giove. Nel corso dei secoli la proprietà del castello passò per diverse mani, divenendo tra l’altro dimora del celebre condottiero Gattamelata, come ricordato da uno dei vini dell’Azienda che prende il nome dal suo urlo di guerra “Gatto, Gatto”. 

Dal 1780 appartiene alla famiglia dei Marchesi Misciattelli che, nei nostri giorni, in seguito ad un’accurata ristrutturazione trasformarono il castello in una dimora novecentesca e azienda vitivinicola. Come per il castello anche la produzione vinicola della tenuta risale molto indietro nel tempo. Il primo riferimento scritto ai vigneti di Montegiove è del 1292 e da secoli si producono vini nelle cantine del Castello come testimoniano i documenti degli archivi storici presenti nel castello.

Ancora oggi, tutte le operazioni relative alla vinificazione, all’invecchiamento in barrique ed all’imbottigliamento vengono eseguite nella vecchia cantina, di cui una parte fu costruita prima del secolo XV. Oggi però la produzione avviene nella parte della cantina ristrutturata nel 2008 ed attrezzata con vasche speciali di diverse capacità  e che consentono un maggiore controllo sulla fermentazione.

L’affinamento del vino avviene in delle piccole botti italiane, conosciute localmente come “botticelle”, che vengono prodotte nel Veneto con rovere di Slavonia. Per gli appassionati, nella cantina troviamo anche la barricaia con botti in barrique e tonneaux.

Ancora una volta la pace e la bellezza del luogo sono coniugate alla qualità, tradizione ed amore dei suoi prodotti, come possiamo sperimentare di persona partecipando alla degustazione finale che ci viene offerta e che è guidata dall’ultimo discendente della famiglia proprietaria del Castello. Vini e prodotti che potrete gustare anche voi, visto che il Castello e la cantina sono visitabili, naturalmente, visti gli spazi, su prenotazione.

Lasciamo il territorio del castello di Montegiove, salutando il giovane proprietario con il nostro personale urlo di guerra “Bono, Bono” e ci dirigiamo verso l’ultima sorprendente tappa della giornata: Parrano

Parrano

Parrano è un piccolo gioiellino, di poco più di 500 abitanti, dove veramente il tempo sembra essersi fermato. Il suo nome ha origini romane, probabilmente dal cognome latino “parra”, cioé Civetta. In omaggio al suo nome anche noi abbiamo visitato il paese di sera con i vicoli illuminati da antiche lampade che ne aumentano l’atmosfera romantica. L’insediamento, di forma allungata, si distende lungo due strade che partono da una piazza centrale e che attraversano un reticolo di viuzze che danno al borgo una fisionomia tipicamente medievale.

Il monumento principale del Borgo è il Castello costruito in posizione strategica su rovine romane e dotato di un giardino pensile.

Secondo gli abitanti di Parrano il castello aveva dei locali che ospitavano il Papa quando questi era di passaggio nella zona, e similmente a quanto realizzato dai Farnese a Caprarola (Vt), era dotato di un sistema di accesso che permetteva al Papa di raggiungere le sue stanze a cavallo. in più per sua comodità, dalle stanze papali sembra si potesse passare alla cappella di San Biagio che immetteva direttamente nella chiesa di Parrano. Uso anche questa volta il condizionale perchè, come a Ficulle, il Castello non è visitabile, questa volta per diatribe e discussioni di carattere ereditario.

Se i proprietari del Castello sono intenti a discutere e ci chiudono le porte, gli abitanti del Borgo sono invece felici ed orgogliosi di mostrarci il resto del paese, con una disponibilità ed un senso dell’accoglienza che ci riscaldano il cuore. Dal Sindaco che ci guida per le vie del Borgo e ci apre la casa natale del professor De Sanctis, padre della Neuropsichiatria infantile italiana, alla sua simpatica e determinata Vice, che al comando di un gruppo di signore ci accoglie con dolci e leccornie fatte in casa. L’abilità delle signore è tale che, per vostro conto, mi sono impegnato ad ottenere da loro qualche ricetta e qualche trucco del mestiere e dell’esperienza, che pubblicherò prontamente sulla sezione di “Girogustando” di questo blog.

 

Lasciamo a malincuore tanti gesti di amicizia ed accoglienza ma è ora di rientrare alla base, Città della Pieve, cuore di queste terre e del nostro blog tour, ci attende domani e non è un gesto di stima farla aspettare, anche per dormire dieci minuti in più…

 

(fine seconda parte)

se per caso hai perso la prima parte puoi leggerla cliccando Qui

 

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